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L'UOMO NELL'OMBRA
(THE GHOST WRITER)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 29 marzo 2010
 
di Roman Polanski, con Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, Olivia Williams, James Belushi (Gran Bretagna - Francia, 2010)
 
Significherà anche molte altre cose ma, prima di ogni altra, THE GHOST WRITER rappresenta una meravigliosa lezione di cinema. Certo, è un thriller di classe, anche se forse non è il caso di citare i maestri. Hitchcock, che L'UOMO NELL'OMBRA ricorda piuttosto per la chirurgica lucidità della scrittura, costruiva il suo famoso suspense sul principio che lo spettatore fosse a conoscenza di quanto invece ignorava il protagonista. Qui, esattamente all'opposto siamo condotti a seguire passo dopo passo i sentimenti del "negro", lo scrittore fantasma incaricato da un editore di rendere più allettanti le laboriose memorie di un ex primo ministro britannico. Un itinerario parallelo, nel quale siamo altrettanto ignari, sorpresi e progressivamente inquieti di quanto si va scoprendo. Certo, impressiona egualmente il carattere anticipatorio di un film che è stato concepito e filmato prima (!) delle vicissitudini che sta vivendo Roman Polanski: la reclusione forzata cui è costretto da uno scandalo un celebre uomo politico (l'impeccabile, disinvoltamente astuto ed ambiguo ex 007 Pierce Brosnan), i rapporti all'interno del mondo anglosassone, il parallelismo geografico, anche se capovolto, tra le zone d'esilio dell'interessato. O, ancora, l'aggancio quasi esplicito, in uno dei film più legati alla contemporaneità dell'autore di CHINATOWN, alle recenti disgrazie di Tony Blair per il suo ruolo nei crimini di guerra in Irak.

Ma l'atmosfera affascinante del film non nasce più di tanto dalla cronaca dei tempi; quanto dalle motivazioni intime, e dal modo del tutto particolare di trascriverle in immagini di uno dei cineasti più significativi, anche se discontinuo ma quanto geniale, del dopoguerra. Qui, in uno dei suoi film più riusciti da tempo. Dalle prime sequenze, implacabili nella loro concisione muta (l'arrivo del traghetto in un'isola, l'auto abbandonata nella stiva, un corpo ritrovato sulla riva) si entra nell'universo che non è più soltanto dell'intrigo poliziesco, ma dell'inquietudine dell'intimo. Assieme a Ewan McGregor, l'intruso anonimo e privo di memoria (come ogni scrittore fantasma, come un certo regista apolide ed ebreo...), penetriamo allora nel mondo della politica, del potere, dei soldi: ma più ancora dell'ambiguità, della rimessa in questione della realtà e delle certezze. Fra le dune dell'isola spazzata dal vento, in un contenitore astratto di architettura moderna, un cubo di vetro e cemento dagli spazi claustrofobici e dalle vetrate geometriche che si aprono verso il mare esterni infiniti; preclusi, però, ad ogni possibilità di evasione.

Nell'isola si sbarca dal mondo della normalità (proprio come in CUL DE SAC degli inizi di carriera; e, curiosamente, del recente SHUTTER ISLAND di Scorsese ) per affondare in quello del malessere, del sospetto, della paura o della pura paranoia. Dell'ironia, tipicamente polanskiana; che si muta progressivamente in angoscia. L'irrazionale, insomma; mentre il fascino nasce da una squisita razionalità, quella dello sguardo del cineasta su uno spazio che da fisico si fa mentale. Con le focali corte che permettono profondità di campo rivelatrici sui vari personaggi che abitano la villa, dai domestici assurdi, pedine sarcastiche di un gioco minaccioso, ad una indimenticabile, splendidamente ambigua Dark Lady (Olivia Williams).

Eccoli allora i temi che, a somiglianze di vicissitudini più triviali, hanno inseguito il cineasta per una vita intera. I riferimenti ad una cultura formata in cineteca come alle arti figurative, il rigore hitchcokiano della forma che non preclude il taglio inatteso, gli elementi stranianti (la pensione sul porto; e pc, sms, gps…), solo in apparenza superflui. E, di conseguenza, lo spalancarsi al fantastico, al deviante, al crudele, al ludico, all'erotico.


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